Resta importante il ricorso agli ammortizzatori sociali e aumenta il numero di aziende che dichiarano minori assunzioni di personale stagionale
Il weekend in arrivo, che è legato alle partenze e ad un momento significativo della stagione in termini di risultati, sta confermando la crisi del settore. Malgrado le strutture aperte non siano neppure al 50% del totale, siamo ben lontani dal tutto esaurito che da sempre caratterizza questo periodo dell’anno.
L’analisi proviene da Confindustria Alberghi, che spiega: “I mesi successivi al lockdown, che ha paralizzato il settore turistico imponendo di fatto la chiusura di oltre il 95% degli alberghi in Italia, sono stati caratterizzati da un andamento delle riaperture lento e discontinuo nelle diverse destinazioni, ad oggi ben lontano dall’essere concluso”.
Il monitoraggio Confindustria Alberghi che dall’inizio di giugno fotografa di settimana in settimana l’andamento del settore vede una consistente percentuale di strutture chiuse ormai dall’inizio di marzo e che in molti casi non hanno la possibilità di riaprire neanche nell’immediato futuro. Si tratta soprattutto di alberghi nelle città d’arte dove è chiuso il 67,3% delle strutture, ma all’appello non mancano le destinazioni balneari, dove il 17,3% degli alberghi non ha potuto riaprire per la stagione 2020 e quelle termali, con il 6% delle realtà ancora ferme.
La debolezza della domanda, sia in termini di numero di clienti ma anche di durata dei soggiorni – un fenomeno che colpisce sempre di più anche le destinazioni balneari – si conferma particolarmente critico per il settore.
La parabola discendente, secondo Confindustria Alberghi, sembra decisa a non arrestarsi neanche ad agosto e, sul fronte occupazionale, la debolezza della domanda non consente alle aziende di richiamare in servizio tutti i propri lavoratori. Ancora oggi infatti l’83% delle imprese dichiara di lavorare con un organico ridotto di rispetto a quello dello scorso anno (addirittura nel 30% dei casi con meno della metà del personale del 2019).
Continua ad essere importante il ricorso agli ammortizzatori sociali (oltre il 60% contro l’84% delle primissime rilevazioni) e aumenta il numero di aziende, più del 40%, che dichiarano minori assunzioni di personale stagionale sia nelle destinazioni leisure che in quelle di città.
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